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Santa Coletta di Corbie:

  proponiamo alcuni suoi SCRITTI

 

Croce pesante è questa di non voler possedere altra cosa sotto il cielo, all’infuori di Colui solamente che porta la croce sulle sue spalle e che, sopra di questa, per amore si è degnato morire trapassato da chiodi, coronato di spine, sputacchiato, percosso e trafitto nel costato.

O santa povertà! Ornamento della nostra Redenzione, gioiello prezioso, certo pegno di salvezza; alla quale dona il Re il celeste Regno in pieno e stabile possesso.

O figli di Ada,o e di Eva, perché non amate questa pietra preziosa, questa nobile perla, che corrisponde in valore e dignità al Regno del cielo e vale dunque più che infiniti mondi?…

Mie carissime sorelle, amate, amate e perfettamente amate, amate questa nobile, preziosa ed eccellentissima virtù, la povertà evangelica, da Dio amata, odiata dal mondo.

Sull’esempio di Gesù Cristo, che quaggiù non ebbe mai luogo dove reclinare il suo prezioso capo e sull’esempio del nostro glorioso padre san Francesco e della nostra madre santa Chiara, siate contentissime della forma del vostro abito povero, stabilito dalla Regola, e tenete per sospetta ogni altra cosa, come libri, corone, filo, aghi, spilli e qualsiasi altro oggetto, bende, veli ed altre cose che saranno a vostro uso particolare: che non abbiate a concepire per essi particolare attaccamento.

Non abbiate che cose veramente necessarie e tutte in comune.

Nella presente vita accontentatevi di ciò che è indispensabile, per arrivare più speditamente ai veri beni del nostro Regno, in possesso del quale già siete proprio a motivo della santa povertà, volontariamente promessa con voto, per amore di Dio.

Dunque, il Regno di Dio non ci può mancare, se noi non mancheremo alla santa povertà.

Per croce della povertà intendo: la continua astinenza, ossia non poter mangiar carne, digiunare tutti i giorni, nudità e freddo ai piedi, durezza del giaciglio, povertà di vesti, accontentarsi di poche e grossolane vivande, e infine il vostro lavoro materiale e spirituale.

Chiunque si troverà proprietario nell’ora della morte, o di fatto o per volontà deliberata, sarà privato del Regno dei cieli.

Vivete e morite da vere povere, o mie amatissime figlie, come fece il nostro dolce Salvatore, in croce per noi. Pertanto, se poche persone amano questa povertà, è per voi maggior ragione di amarla.

Dopo la nostra signora santa obbedienza, nell’Ordine, sopra ogni altra cosa vi raccomando la povertà: perché essa è la diritta scala per la quale senza alcuno sforzo e difficoltà, si sale speditamente verso il Signore nel suo proprio Regno, grazie alla piena rinuncia di tutti i beni transitori per amore del nostro buon Dio, che ce lo promette, Egli che è verità piena di amore.

***

«E per amore del santissimo e dilettissimo Bambino avvolto in poveri pannicelli, reclinato nel presepe, e della sua santissima Madre, ammonisco, prego ed esorto le mie suore che si vestano sempre di vestimenti vili»(RsC).

Queste belle e devote parole, che sono insieme una supplica e un’ammonizione caritatevole e salutare, vi prego, mie carissime sorelle, di ben considerare e di imprimere per sempre nella vostra memoria, senza punto cancellarle; e di regolare su di esse tutta la vostra condotta, perseverando nella loro osservanza sino alla fine. Infatti, se il nostro dolcissimo Salvatore Gesù Cristo – la cui eccellenza e magnificenza sono superlative e così grandi che nessuno può comprenderle e la cui bontà è sovrana e infinita e i beni innumerevoli e senza termine – ha voluto nondimeno per umiltà e carità divenire un bambinello e per povertà avviluppato in poveri panni, e questa povertà all’inizio e durante e alla fine della sua vita ha voluto avere e conservare e dimostrare, a maggior ragione noi, che per l’opposto non siamo niente altro che polvere e cenere e carne per i vermi, carenti di bontà e pieni di peccato, poveri e miserabili, per amore di Lui e della sua gloriosissima Vergine Madre che – come ci testimonia san Giovanni Boccadoro – non possedeva e portava che una povera tunica, dobbiamo avere continuamente nel nostro cuore l’amore di questa santissima e degna povertà ed essa deve brillare e apparire in ogni sorta di abito e vestimento del nostro vile corpo.

Perciò vi prego, scongiuro e supplico, di amare continuamente e con amore sempre crescente questa gloriosa povertà e nella virtù dello Spirito Santo in tutte le vostre vesti, tuniche e mantelli, facciate risplendere insieme austerità e povertà, quanto alla forma, al valore e al colore, evitata in essi ogni curiosità, preziosità e vanità.

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Vi prego, mie carissime sorelle, e vi comando che per amore del Signore non rifiutiate mai di compiere gli uffici umili e le opere di carità; ma quando vi saranno ordinati dalla madre abbadessa o dalla sua vicaria per l’utilità comune o particolare, senza contraddire, né mormorare o ribellarvi, fatele con dolcezza e volontariamente e accettatele ed esegui tele con cura e lealtà. Nessuna suora, per mascherare la sua negligenza, o pigrizia, o orgoglio, quando qualcosa le verrà assegnata da eseguire e le verrà ordinato di farla, si esoneri dal compierla con la scusa: «Dio non mi ha dato la grazia di saper fare questo lavoro»; dal momento che sono sane di corpo e di cervello non devono rifiutarla, ma al cenno di colei che ordina, tanto celermente devono acconsentire e obbedire, come conviene a chi ha fatto professione di santa obbedienza.

Ma ugualmente debbono curare l’abbadessa e la sua vicaria di non ordinare alle suore cosa che non sappiano o non possano fare…

«Cosicché, evitato l’ozio, nemico dell’anima…» (RsC): questo ammonimento vi ordino di osservare accuratamente, in modo che tutte le suore, presenti e future, si astengano in ogni tempo e in ogni luogo da ogni inutile e gretto affaccendarsi e da occupazioni che potrebbero significare perdita di tempo, come coloro che debbono essere in questa e in altre simili cose perfettamente mortificate. Inoltre, ogni volta che due o tre o parecchie saranno riunite insieme (a lavorare), devono parlare del Signore e dei suoi grandi benefici e della vita dei Santi e delle Sante o altre belle e buone e devote parole che riguardano la salute dell’anima, o trattare dei bisogni che sono buoni e utili per il governo del monastero, essendo in tutto mortificate e astenendosi da ogni parola cattiva e mondana, come conviene alle ancelle del Signore Gesù, caste e osservanti del santo Vangelo e religiose professe.

 

Immagine del Sepolcro di santa Coletta tratta da: https://chiaradiassisi.jimdo.com

Fu beatificata nel 1623 e canonizzata nel 1807. E’ particolarmente invocata dalle donne che desiderano un bimbo.

Festa liturgia il 7 febbraio.

 

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