VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D’ASSISI

Tommaso da Celano

CAPITOLO XXX

IL PRESEPIO Dl GRECCIO

466 84. La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.

467 Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.

468 A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore. 

C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

469 85. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi.

Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.

Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.

Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

470 86. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.

Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

471 87. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.

Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima e santificazione del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen

 

IL CORPO DEL SIGNORE

  AMMONIZIONE I

 

 [141] Il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per me.Se aveste conosciuto me, conoscereste anche il Padre mio; ma da ora in poi voi lo conoscete e lo avete veduto“. Gli dice Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gesù gli dice: ” Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre mio“.

Il Padre abita una luce inaccessibile, e Dio è spirito, e nessuno ha mai visto Dio. Perciò non può essere visto che nello spirito, poiché è lo spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla. Ma anche il Figlio, in ciò per cui è uguale al Padre, non può essere visto da alcuno in maniera diversa dal Padre e in maniera diversa dallo Spirito Santo.

[142] Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, ma non videro né credettero, secondo lo spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati. E così ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché è l’Altissimo stesso che ne dà testimonianza, quando dice: ” Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza [che sarà sparso per molti”], e ancora: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna”.

[143] Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e il sangue del Signore. Tutti gli altri, che non partecipano dello stesso Spirito e presumono ricevere il santissimo corpo e sangue del Signore, mangiano e bevono la loro condanna. Perciò: Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? Perché non conoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio?

[144] Ecco ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote.

E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero.

[145] E in tale maniera il Signore è sempre presente con i suoi fedeli, come egli stesso dice: “Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo”.

 

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