LE ANTIFONE MAGGIORI DELL’AVVENTO

MAURICE GILBERT S.I.

 L’antifona del 23 dicembre

 

 L’ultima antifona, quella del 23 dicembre, recita in latino:

O Emmanuel, rex et legifer noster, exspectatio gentium et salvator earum: veni ad salvandum nos, Domine Deus noster.

E in italiano :

O Emnmanuele, nostro re e legislatore, speranza e salvezza dei popoli, vieni a salvarci, o Signore nostro Dio.      

«O Emmanuele»: per l’ultima antifona, è stato scelto il nome del bambino annunciato da Isaia al re Acaz di Gerusalemme (Is 7,14; con la «O» in 8,8). Matteo, nel racconto dell’annuncio a Giuseppe, lo sposo di Maria, della prossima nascita di Gesù, vede in essa il compimento della profezia isaiana (Mt 1,23). Il titolo di Emmanuele conviene per concludere le sette antifone a due giorni dal Natale.

I due titoli seguenti: lex et legifer noster (nostro re e legislatore), e anche la preghiera finale: veni ad salvandum nos, Doline Dominus legifer noster (vieni a salvarci, Signore nostro Dio) rimandano insieme a Is 33,22. Il versetto profetico recita nella Volgata: Dominus enim iudex noster, Doiminus legifer noster, Dominus rex noster, ipse salvabit nos (Il Signore è il nostro giudice, il Signore è il nostro legislatore e il nostro re: egli verrà a salvarci). Questo testo è stato messo da alcuni Padri sulle labbra della Chiesa di Cristo (cfr, ad esempio, Girolamo e Teodoreto nei loro commentari). Si legge anche come antifona per l’Ufficio mattutino del giovedì della quarta settimana di Avvento.

Quanto all’invocazione che conclude l’antifona: Domine Deus noster (Signore nostro Dio), essa è rara nella Volgata e potrebbe rimandare a Is 37,20 = 2 Re 19,19, alla fine della preghiera di Ezechia di fronte all’assedio imposto a Gerusalemme da Sennacherib nell’anno 70: Et nunc, Domine Deus noster , salva nos de manu eius, et cognoscant omnia regna terrae quia tu es Dominus solus (Adesso, Signore, nostro Dio, salvaci dalla sua mano e che tutti i regni della terra sappiano che sei l’unico Signore).

Rimane l’invocazione della seconda riga: exspectium gentium et salvator earum (speranza delle genti e loro salvatore). La prima parte rimanda a Gen 49,10 che è stato tradotto nella Volgata: Non aufere tue sceptrum de Iuda […]donec veniat qui mittendus est et ipse erit xspectatio gentium (Lo scettro non sarà tolto da Giuda […] fino a quando verrà colui che deve esser mandato ed egli sarà la speranza delle nazioni). Il testo ebraico dell’ultima espressione è difficile, ma la versione greca della Settanta, una versione latina antica di tipo europeo, e la Volgata hanno dato ad essa un orientamento messianico, ripreso nell’antifona conclusiva della serie. La seconda parte della stessa riga: Salvator earum: Salvatore di esse, cioè delle genti, non si legge nella Bibbia. Potrebbe alludere alla versione di Is 45,8 fatta da Girolamo nel famoso canto: Rorate caeli desuper […] et germinet salvatorem, traduzione che accentua la portata messianica dell’oracolo. Tuttavia l’universalità dell’ espressione fa pensare piuttosto a dei testi del Nuovo Testamento, all’espressione «salvatore del mondo» (Gv 4,42; 1 Gv 4,14) o a quella di Paolo: «salvatore di tutti gli uomini» (1 Tm 4,10).

Da “La CIVILTA’ CATTOLICA” del 15 novembre 2008

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