LE ANTIFONE MAGGIORI DELL’AVVENTO
MAURICE GILBERT S.I.
L’antifona del 21 dicembre
La quinta antifona, per il 21 dicembre, recita in latino:
O Oriens, splendor lucis aeternae et Sol iustitiae: veni et illumina sedentem in tenebris et umbra mortis.
E in italiano:
O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.
Da notare subito qualche caratteristica di questa quinta antifona. L’invocazione O Oriens suona male, ma era necessaria per l’acrostico.
Poi c’è un forte contrasto tra la finale della quarta antifona che chiede la liberazione di quelli che sono nelle tenebre, e il tema ripetuto della luce all’inizio della quinta. In più, le domande della quarta e della quinta strofa finiscono con le stesse parole, che fanno da aggancio: sedentem in tenebris et umbra mortis (seduto nelle tenebre e nell’ombra di morte).
Inoltre, non si può dimenticare il fatto importante, che il 21 dicembre segna il solstizio d’inverno: a partire da quel giorno, nell’emisfero del nord, la luce solare comincia ad aumentare. Infine la brevità di questa antifona contrasta anche con le altre.
L’invocazione propone tre titoli di Cristo, sulla base di testi dell’Antico Testamento.
Il primo titolo ha una storia complicata. In Zc 3,8 e 6,12, la parola ebraica sèmah, che significa «germoglio», è il nome del servitore incoronato che il Signore introdurrà per stabilire la pace e ricostruire il tempio. Il profeta Geremia l’aveva già utilizzata per indicare un futuro discendente giusto di Davide (Ger 23,5). In Zaccaria, il termine, adesso personalizzato, ha assunto un senso nettamente messianico. Ora, la versione greca della Settanta ha reso la parola ebraica con quella greca anatolë, che significa spesso «astro che sorge», ma anche «germoglio»; in latino, Girolamo, forse influenzato dalla Settanta, ha scelto il senso di Oriens, cioè «sole che sorge». In Lc 1,78, nel Benedictus di Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, l’evangelista ha seguito la Settanta, e la versione latina, rivista da Girolamo, traduce: visitavit nos Oriens ex alto (ci ha visitato dall’alto un sole che sorge). L’antifona latina mette dunque Oriens, che la versione italiana traduce: «Astro che sorge». In ogni caso, il senso messianico, presente nei testi citati dell’AnticoTestamento, è confermato da Luca.
Il secondo titolo: splendor lucis aeternae (splendore della luce eterna) è uno degli attributi della Sapienza, secondo la versione latina antica di Sap 7,26, prima del suo inserimento nella Volgata. La «luce eterna» è quella dell’Onnipotente, e la Sapienza ne è lo «splendore». Ne dà testimonianza la traduzione latina del trattato di Origene sui Principii (I, 2, 10), dove il passo è interpretato come Figlio del Padre. Il senso cristologico di Sap 7,26 è così sottolineato. A dire il vero, nella Volgata lo stesso passo è reso candor lucis aeternae (candore della luce eterna).
Il terzo titolo: sol iustitiae (sole di giustizia) viene dal profeta Malachia 3,20 (4,2 nella Volgata): orietur vobis timentibus nomen meum sol iustitae (sorgerà per voi che temete il mio nome il sole di giustizia). Questa profezia annuncia il Giorno del Signore. L’espressione non torna più nella Bibbia, ma, nel III sec. d.C., un testo falsamente attribuito a Cipriano vedeva Cristo nel «sole di giustizia», e ciò aiutava a fissare la data della nascita di Gesù attorno al solstizio d’inverno. Il senso cristologico dell’espressione è stato dato poi da molti Padri della Chiesa. La domanda di questa quinta antifona s’ispira a Lc1,79 in latino: illuminare his qui in tenebris et in umbra mortis sedent (per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte).
Oltre ai riferimenti segnalati a proposito della fine della domanda dell’antifona precedente, c’è da notare che, nel Benedictus, l’idea d’illuminare allude a Is 9,1 (2 nella Volgata), una delle maggiori profezie messianiche del libro d’Isaia: «II popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano nella terra dell’ombra della morte, una luce rifulse». Nell’antifona, nel contesto preparatorio al Natale, si prega Cristo di compiere questa profezia.
Da “La CIVILTA’ CATTOLICA” del 15 novembre 2008