LE ANTIFONE MAGGIORI DELL’AVVENTO
MAURICE GILBERT S.I.
L’antifona del 17 dicembre
L’antifona maggiore del 17 dicembre recita in latino:
O Sapientia, quae ex ore Altissimi prodiisti, attingens a fine usque ad finem fortiter suaviterque disponens omnia: veni ad docendum nos viam prudentiae.
E in italiano:
O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo, ti estendi ai confini del mondo, e tutto disponi con soavità e con forza, vieni, insegnaci la via della saggezza.
L’invocazione iniziale si rivolge alla Sapienza. Nel contesto liturgico di queste antifone, la Sapienza non è più la figura personificata dell’Antico Testamento (cfr, ad esempio, Pro 8), ma Gesù stesso.
Il Nuovo Testamento aveva preparato questa identificazione, senza proporla esplicitamente (cfr, ad esempio, 1Cor 1,24). Già verso gli anni 200, due testi identificano chiaramente la Sapienza e Gesù.
Il primo, trovato nel 1945 a Nag Hammadi, in Egitto, si legge negli Insegnamenti di Silvano (VII, 4, 106-107) e il secondo nel trattato di Origene sui Principii (I, 2), commentando però Sap 7,25-26.
Questa Sapienza è «uscita dalla bocca dell’Altissimo». Tale sentenza viene da Sir 24,3a (5a nella Volgata). E’ la prima parola della Sapienza nel suo lungo discorso e si riferisce alla Parola creatrice di Dio in Gn 1, per mezzo della quale tutte le cose sono state create: nel Nuovo Testamento, questa dottrina è stata detta di Cristo (Col 1,16; Gv 1,3).
Secondo il libro della Sapienza di Salomone, la Sapienza «si estende da un confine all’altro [dell’universo] con forza e dispone tutto con soavità» (Sap 8,1).
Ripreso nell’antifona in una stesura originale sconosciuta altrove in latino, questo testo aggiunge al precedente l’idea della presenza permanente della Sapienza nel mondo, che essa regge con fermezza e dolcezza. Nell’antifona dunque, vengono accennate la cosiddetta creazione continua e la permanenza cosmica di Cristo, nella linea già proposta da Origene e soprattutto da Agostino (cfr, ad esempio, Lettera 137, 12).
Alla fine del breve discorso con cui invita tutti al suo banchetto (Pro 9,1-5), la Sapienza conclude dicendo: «Camminate nella via dell’intelligenza» (Pro 9,6b). La domanda conclusiva della prima antifona cita proprio questo passo, conservando il singolare, viam prudentiae, dell’importante manoscritto di Cava, in Spagna (ms. (1), ma chiedendo alla Sapienza stessa, cioè a Gesù, di insegnarci questa via sulla quale desidera vederci camminare. Risulta dunque che la prima antifona riprende alcuni testi fondamentali della corrente sapienziale dell’Antico Testamento, ponendo l’accento sull’opera della Sapienza, identificata in Gesù, nella creazione e sulla sua permanenza attiva e benevola nell’universo. In latino, i testi sono citati secondo la versione della Volgata, la quale, per il Siracide e per il libro della Sapienza di Salomone, aveva ripreso l’antica versione del II secolo.
Da “La CIVILTA’ CATTOLICA” del 15 novembre 2008