Il nostro Monastero

Nel seno fecondo della storia noi Clarisse Cappuccine a Genova …

Lo Spirito del Signore ha generato nella Chiesa e nella Chiesa che è in Genova noi, Clarisse Cappuccine, nell’anno di grazia 1577.

Molti miracoli e prodigi sono avvenuti per opera amorosa della Provvidenza divina lungo questi 434 anni.

Da allora ad oggi più di 400 sorelle si sono succedute in questa Comunità nel portare avanti con fede e amore questa forma di vita che la nostra Madre Santa Chiara ha lasciato alla nostra eredità.

Numerosissime le vicende che hanno coinvolto, nella pena e nella gioia, chi ci ha preceduto, e che hanno creato la fisionomia di questa casa e di questa comunità, e anche della Città, Genova, in cui continuiamo ad essere presenti.
Di questi lunghissimi anni vi offriamo alcune brevi annotazioni storiche con memoria grata del passato, per vivere con passione il presente, ed aprirci con fiducia al futuro delle nuove generazioni di donne che verranno in questa Casa del Signore.

Dalle «Cronache» del monastero

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Genesi
Genova nel Cinquecento

Una nobile Signora, Maria ved. Melchiorre Imperiale «aveva di loro cura e le menava spesso seco a sentire Vespero e la lezione nella Chiesa dei Rev.di Padri gesuiti alli quali esse figlie si confessavano…». Il Signor Raffaello Raggio le prese in protezione e procurava di haver un luogo per edificare loro un Menastero…». Ma tanti e poi tanti furono gli impedimenti che il Signor Raggio si raffreddò nell’impresa… e «sbigottita la santa Signora Maria se ne andò dall’Arcivescovo di questa citta: Cipriano Pallavicino… » e chiese di poter lei stessa recarsi alla questua per raccogliere i mezzi necessari all’acquisto di un immobile da destinarsi a nuovo monastero. L’arcivescovo comprese quale incidenza avrebbe avuto la nuova comunità di stretta clausura e radunò un gruppo di persone per considerare il caso.

Raccontano le nostre Cronache una memoria degna di conservarsi in caratteri d’oro affinché sappia ognuno che «non est qui possit resistere voluntati Dei».
Un Padre de’ Riformati, di tutta bontà, abitante allora di casa nel Convento di N. S. del Monte… da qualche anno vedeva dalla finestra della sua cella nel punto di mezzanotte una colonna di fuoco che in questo luogo ardeva. Là c’era una chiesa con un Monastero, chiamata S. Maria di Consolazione de Cavo, già convento di monache cistercensi dal 1321, ma ora di proprietà di un privato: «si comprò per L. 2840 di denari di limosine raccolte da cittadini per la città».

L’Arcivescovo fissò la nostra nascita a Genova il 25 Novembre 1577. Il piccolo gregge di «Gesù e Maria» lasciò Portoria, dopo 12 anni, e si trasferì in S. Maria della Consolazione: «se ne andarono la Signora Maria Imperiale e le figlie, in tutto erano sette… per dar principio al nuovo Monastero». L’Imperiale «tutto spirito e fervore nella sua senile età precedette le figlie con lo stendardo della S. Croce in mano».

Esodi

1797 – A mezz’ora di notte

Il 24 Agosto 1797 – Il Governo provvisorio ordinò alle Cappuccine di S. Bernardino di trasferirsi nel poco lontano monastero delle Clarisse di S. Antonio, le quali a loro volta, dovevano lasciar libero il locale traslocandosi nel monastero di S. Leonardo. Il «vantaggio della Patria» esigeva che del S. Bernardino si facesse un quartiere di soldati. Furono dati due giorni di tempo.
Le monache raccolsero in fretta le loro poche masserizie e il 26 successivo, a mezz’ora di notte, furono traslate in portantina a S. Antonio.
Del nostro Monastero di S. Bernardino si fece una caserma per il Battaglione n. 1… e venne chiamata «Caserma delle Cappuccine!».

Nel 1810 le Cappuccine e le altre Monache dei quattro monasteri femminili «salvati» dal Card. Spina furono accolte nel Monastero di S. Maria di Passione e qui rimasero fino al 2 Ottobre del 1816 quando poterono rientrare nel Monastero di S. Antonio, dato che il Monastero di S. Bernardino continuava ad essere occupato dalle truppe.
Le monache cercarono di ristabilire la loro vita regolare…

1880 – Alle cinque antimeridiane

In quegli anni la Marchesa Maria De Ferrari Brignole Sale, duchessa di Galliera, stava costruendo nella zona un grandioso nuovo ospedale. Nel suo progetto restavano coinvolte le aree dei due Monasteri: sia quello antico di S. Bernardino, come quello di S. Antonio. La Duchessa li riscattò ambedue. «La Duchessa da pia e virtuosa qual era non volle per questo che noi ne avessimo a soffrire alcun che di danno, ma che a seconda dei nostri bisogni, ci fosse provveduto di un altro locale».
L’Arcivescovo Salvatore Magnasco propose alle monache di cercare una casa adatta o affrontassero coraggiosamente la costruzione di un nuovo Monastero, sempre però entro le mura della città. Le monache si rivolsero con insistenti preghiere al Sacro Cuore cui solennemente si erano consacrate e dopo un anno di ricerca posarono l’attenzione su un bel podere sul colle del Peralto… presso l’Albergo dei Poveri di Carbonara. Si trattava di una palazzina con villa molto spaziosa, distesa quasi a picco sul declivo della collina… la duchessa di Galliera la comprò per L. 120.000. Cominciarono subito i lavori di scavo.
Intanto «Ci consolavamo nella speranza di presto volarcene nel nuovo e più sicuro nido, perché grande era l’incomodo che ce ne veniva dalla nuova fabbrica dell’ospedale…».
«In seguito venne ancora a noi l’Arcivescovo Magnasco ed entrato in Coro favellò alquanto intorno alla grande misericordia che Iddio ci aveva usata…».
Tre anni di lavoro e il 26 Ottobre 1880 fu benedetta la nuova Chiesa da Mons. Abate Oneto sotto i preziosi titoli del Sacro Cuore e di N.S. degli Angeli. Furono anche benedette le campane con i nomi di S. Maria degli Angeli la più grossa e la più piccola Francesco e Chiara.
Alle cinque antimeridiane del 27 di quel mese, una carrozza si fermò alla porta. Uscì un gruppo di monache, prese posto. Trotterellando i cavalli si avviarono per le strade che Genova, nel fervore della sua nuova espansione, si andava «superbamente» donando: Corso Andrea Podestà, Piazza Corvetto, Via Assarotti, la nuova circonvallazione a monte, fino a Castelletto. Così raccontano le Monache: «Nei due giorni 27-28 ottobre 1880, a metà per volta, scortate da alcuni nostri Protettori ci trasferimmo in carrozza nel nuovo Monastero. L’ora scelta fu quella ritenuta più sicura delle cinque antimeridiane e la via tenuta fu la nuova detta Circonvallazione. Per la grazia del Signore niun disturbo si ebbe per via e giunte felicemente ai piè della salita S. Nicolò, si scese di carrozza e benché tutte e due le volte piovigginasse alquanto, a’ piedi si fece quel po’ di salita che ancora restava per arrivare al Monastero…».

1904 – O felicissima indimenticabile notte!

«Chi l’avrebbe mai detto che dopo pochi anni di tranquilla dimora nel monastero sito in S. Nicola ci dovessimo in un tratto trovare nella triste condizione di restare senza tetto qualora il buon Dio non fosse prestamente venuto, come sempre in nostro aiuto».

Nell’anno 1888 al 9 del mese di Dicembre passava a miglior vita la non mai abbastanza compianta Duchessa Maria Brignole Sale ved. De Ferrari… Credevamo noi ci avesse essa con il suo testamento messe al sicuro da ogni qualsiasi soppressione o pirateria del vigente governo… ma purtroppo non fu così… «Afflittissimo Mons. Arcivescovo Magnasco venne al Monastero per farci conoscere il grave pericolo in cui ci trovavamo essendo rimaste sotto il potere del braccio secolare». E… presto… sarà lo stesso Arcivescovo che con la sua nota decisione inviterà le monache a cercarsi un altro locale, dato che la costruzione della strada a monte (corso Firenze) aveva diviso il Monastero dalla villa. Nessuno si prese premura di attuare questo suggerimento, ma gli anni passavano con un orizzonte oscuro ed incerto.
«Ego vos semper custodiam!». Questa era la fiducia che sosteneva le monache!
Nel 1898 si cominciò a cercare e si decise di acquistare una proprietà a monte del loro Monastero… «e il giorno 7 marzo 1900 alcune di noi, con le debite licenze, si portarono a visitare la proprietà sita in via Domenico Chiodo (seconda zona militare)…».

Lasciamo la parola alle Monache per questo ulteriore trasferimento. Notte tra il 15-16 giugno 1904:

«…si era fatta aprire nel muro di clausura una porticina, onde risparmiare un bel tratto di tragitto a piedi, si stabilì di uscire tutte di lì al primo segno o picchio che nella succitata notte alle ore 23,45 ci avrebbero dato le persone che ci avevano d’accompagnare. Dopo alquanto di strada eccoci alla stazione della funicolare nel carozzone della quale entrammo tutte in numero di 29, eccettuate le sei sorelle questuanti andate il giorno innanzi ad aspettarci. In pochi minuti ci trovammo in Via Domenico Chiodo. Smontate, facemmo a piedi quel tratto di strada che vi rimaneva a giungere al nuovo locale accompagnate da molte buone signore che ci attendevano allo smonto della funicolare, sebbene si avesse fatto il possibile perché restasse secreta questa nostra andata. Entrate nell’atrio sulla cui porta a sicurezza nostra si erano fermati alcuni Carabinieri ci si presentò inanzi aperta la Chiesa coll’Altare parato ed illuminato a festa. Tosto il Rev.do P. Leopoldo intonò l’inno ambrosiano che noi con lui proseguimmo in ringraziamento della grazia ricevuta. Dopo, colle debite licenze innanzi ottenute, salì l’Altare a celebrare la S. Messa durante la quale tutte ci comunicammo. Oh! felicissima e indimenticabile notte!».

Le guerre

1625 – Rumori di guerra

Nel 1625 vi furono in città «rumori di guerra» e anche le Cappuccine ne erano impaurite, ma risolvevano le loro ansie nel fare orazione e opere di penitenza perché «la bontà divina si degnasse di conservare nella libertà la Serenissima Repubblica».

1684 – Bombardamento francese

Venne il bombardamento francese del 1684. Tutte le Monache e Religiose della città fuggirono dai loro monasteri, per cercar scampo in luoghi giudicati più sicuri. Tra le Cappuccine, ad un primo momento di coraggio, subentrò un tentennamento. Tant’è alcune, sotto la pressione di estranei, avevano deciso di abbandonare il convento. S’eran già messe in processione «con una sorella conversa che portava la croce». Si aprì la prima porta di clausura; la seconda tardò un po’ ad essere spalancata. E che?, pensarono le fuggiasche: potremmo esser colpite dalle bombe anche per istrada… ; affidiamoci a Dio: siamo più sicure! Sul monastero, così esposto al mare, le bombe passavano «sopra», come se avesse dovuto restare « incenerito ». Ma non ne fu nulla!

1797 – Rivoluzione francese

«La terribile rivoluzione del giorno 22 maggio 1797 ha fatto mutar faccia a tutte le cose di questa nostra città. Quelli che hanno sofferto di più sono i nobili e le famiglie religiose. I nobili, in buona parte fuggirono… delle comunità, parecchie furono soppresse, quelle che restarono furono trattate così male, che nol sono tanto nelle loro carceri i malfattori…».

1849 – Insurrezione

Durante l’insurrezione dell’aprile 1849 provarono non lieve spavento. Le cronache riferiscono che una palla di cannone del peso di 37 libbre, sfiorò il campanile, urtò quindi un sedile del viale e andò a fermarsi davanti alla cappelletta della Madonna: un altro pezzo di bomba colpì due stanze dell’infermeria e si posò sulla nicchia dell’Immacolata.

Ma all’orizzonte si addensavano nubi più minacciose delle bombe. Nel 1854 il 16 dicembre le 39 monache sottoscrivevano un accorato appello ai Senatori: «La sparsa voce che siano per essere soppressi gli Ordini Religiosi, strazia da qualche tempo il cuore di noi Monache Cappuccine. Egli è pertanto che, ossequiendo, colla riverenza dovuta all’alta dignità delle Eccellenze loro, ardiscono umilmente esporre che noi tutte tremiamo, paventiamo, inorridiamo al solo aspetto di tale rovesciamento…».

Non sappiamo se il supplichevole sfogo sia stato da qualcuno accolto… il Monastero di S. Antonio fu annoverato tra gli «incamerati», ma le monache non furono allontanate…

1940-45 – La grande guerra

«… incursioni… scene mai viste… il terribile bombardamento navale inglese del 9 febbraio 1941!
Nel mare dirimpetto vi era un numero stragrande di navi che lanciavano una grandinata di bombe di grosso calibro, anche di una tonnellata. Che terrore per tutte! Quante preghiere, quanti gemiti, quanti sospiri! Ma la divina protezione di Gesù e di Maria era sopra di noi e siamo rimaste incolumi. Nel novembre 1941 abbiamo dovuto prendere giocoforza il partito di sfollare… ci fu consigliato Diano Castello, un paesino sulle colline di Imperia.
Animate da Sua Ecc.za il Cardinale Pietro Boetto, partimmo… Che pena, che intimo dolore nel lasciare il nostro diletto nido claustrale. Eravamo in 14
».

Nell’estate del 1943 il Monastero fu requisito dalle Truppe Tedesche! E divenne «Caserma».
«Restammo a Diano fino alla «resa». Ma solo il 26 giugno 1945 il Comando di Imperia ci concesse una corriera. Dopo un viaggio tranquillo e sereno, siamo giunte verso la mezzanotte… ad attenderci c’erano il Rev.do Cappellano don Silvio Mussi e il fido Lorenzo, che come sentinelle non avevano mai lasciato il Monastero. Il Cappellano stimò lecito celebrare la S. Messa onde poi prendere un po’ di sollievo, dato che eravamo stanche e assetate. Dopo la Santa Messa seguì il canto solenne del Te Deum e la Benedizione Eucaristica.
Entrammo in Monastero! Quale commozione, rivedere il nostro dilettissimo nido conservato quasi intatto… benché stanche non abbiamo saputo prendere un po’ di riposo senza aver prima, col chiarore delle candele, visitato ogni minimo ripostiglio.
Ci volle del bel tempo a riparare tutto il disordine lasciatoci dalla dimora dei tedeschi!!!
»

Ascoltiamo le Sorelle di Sanremo.
«La nostra Comunità ha vissuto le sue vicissitudini nel periodo bellico. Trovandosi il Monastero in zona pericolosa per le operazioni militari, su consiglio di persone competenti, si decise di trasferire dieci Sorelle, presso la Comunità di Clarisse Cappuccine in Città di Castello.
Partirono nel Giugno 1940. Le altre rimasero a San Remo finché nel Settembre 1944 si rese urgente anche il loro trasferimento.
Trovarono accoglienza presso le Suore dell’Asilo di Taggia, le Suore della Misericordia! Il 16 Maggio 1945 tutta la nostra Comunità è di nuovo unita per riprendere la vita regolare. Deo Gratias!
»

La peste

1579

Nell’anno 1579 di settembre venne la peste in Genova.
«E’ cosa mirabile certo la provvidenza di Dio, il quale anso per mezzo di corvi sa pascere i suoi servi, in detto tempo, finché cessò la peste, non solo non ebbero mali le Madri Cappuccine né si accostò loro la peste, ma neanche patirono del vitto sufficiente per sostentarsi ispirando il Signore persone le quali secretamente per un anno di continuo, che non si poteva andare per la città, le provvidero di tutto quello che avevano di bisogno, sicché ben si conobbe che «potuit Dominus parare mensam in deserto».

1656-57 – La Grande Peste

Nel 1656-57 venne la grande peste. Le monache non ne ebbero a soffrire. Solo Suor Geronima Chiodetti, ne fu attaccata, ma guarì ungendosi con l’olio della lampada del B. Felice da Cantalice.

Gli ospedali

Al posto dei nostri Monasteri sono sorte opere grandi a favore dell’umanità sofferente.

Il primo e secondo Monastero – S. Bernardino e S. Antonio – hanno lasciato il posto all’Ospedale Galliera.
Il monastero di Salita S. Nicolò è stato abitato per lunghi anni dall’Opera Giosué Signori per ragazze con handicap. Attualmente dall’Istituto Emanuele Brignole per anziani.
Mentre era in costruzione l’attuale Monastero di Via Domenico Chiodo siamo state costrette a vendere parte del terreno e in questo fu costruito l’Ospedale Ortopedico Carlo Liberti.
Il Monastero di Sanremo, quando le Sorelle si trasferirono a Genova, venne assorbito dall’Opera di Don Orione, già adiacente al Monastero.

I Santi

I Santi che hanno beneficato le nostre sorelle:

Santa Virginia Centurione Bracelli (+ 1651)

Nell’anno 1650 – il 15 ottobre – professarono Maria Felice Bellanda Maria Deodata Squarciafico (nipote della santa) e Livia Panesi al cui ingresso nell’anno precedente in ottobre era presente la Santa Virginia. Così «il 15 Ottobre 1650 vi si trovò alla funzione … e fu sì grande il giubilo che ebbe, che dinanzi a tutte le persone che la videro nella Chiesa delle medesime Capucine, prese un figlio della Signora Pallavicina Squarciafico, sua nipote, non so come per i piedi, andò il estasi, dicendo nell’andarci: “Anime pure al Paradiso”, e sollevò il fanciullo ancora con sé stessa. Del che restarono le signore attonite, e ve ne sono molte che se ne ricordano».
Le Nipoti che si fecero Cappuccine furono due: Maria Isabella Deodata Squarciafico (+17 Marzo 1697) e Suor Virginia Costanza Squarciafico (+10 febbracio 1725).

S. Felice Da Cantalice – anno 1656–57

Nel 1656-57 venne la grande peste. Le monache non ne ebbero a soffrire. «Solo Suor Geronima Chiodetti, ne fu attaccata, ma guarì ungendosi con l’olio della lampada del B. Felice da Cantalice».

 

 

S. Carlo Borromeo e San Camillo De Lellis – anno 1660

Entrò in monastero Suor M. Cecilia Vainone Spinola, che fu guidata nella sua vocazione da S. Carlo Borromeo e da S. Camillo de Lellis.

 

 

S. Antonio Maria Gianelli – anno 1818

Nel 1818 durante la professione solenne di tre Sorelle il giovane sacerdote Antonio M. Gianelli (oggi Santo) fece un bellissimo discorso…

 

 

Beato Stefano Bellesini – anno 1845

Suor Giacinta Rebora (+ 1868) il 6 Agosto fu miracolata dal Beato Stefano Bellesini, Agostiniano eremitano. Questo miracolo servì per la Sua Beatificazione. Nel nostro Archivio sono tutte le dichiarazioni: di Suor Giacinta Rebora, della Madre Abbadessa, suor Teresa Serafina Storace, del Dottore Del Re e del Dottor Marchelli e di altre Religiose.

 

S. Francesco Maria da Camporosso – anno 1866

Madre Maria Anna Giuseppina Garnier (+ 4 dicembre 1927): nel Monastero si è mantenuta la tradizione orale d’una mirabile visione avuta da questa sorella. La Vita popolare del Ven. Padre Francesco Maria da Caporosso, scritta dal Padre Luigi da Porto Maurizio nel 1915 riporta il fatto.
«Il Padre Santo era spirato da circa mezz’ora, certa suor Giuseppa appartenente all’Ordine delle Cappuccine, mentre stava mettendosi a mensa per la cena, all’improvviso vide una grande luce e in essa Fra Francesco, il quale le disse: “me ne vado al Paradiso!” e subito scomparve. La buona religiosa che ne ignorava la morte, rimase oltremodo sorpresa e turbata, tuttavia temendo di essere tacciata di visionaria non azzardò parlarne alle consorelle. Di li a poco giunse al Monastero la nuova della morte del Santo Cappuccino ed allora Suor Giuseppa palesò la visione poco prima avuta».
La tradizione orale del Monastero vuole che la giovane religiosa confidasse subito il fatto alla sua vicina di posto in refettorio, Suor Vincenza. Ambedue furono sottoposte ad accurate indagini. Il fatto fu riconosciuto dalle autorità ecclesiastiche vero ed autentico.
Il Beato Francesco Maria conosceva la religiosa prima che entrasse in Monastero, ed ebbe con la stessa ripetuti incontri. Mi hanno riferito le religiose che conobbero la suddetta Madre che il Beato Francesco aveva incoraggiata la sua vocazione allo stato religioso.

 

San Luigi Orione – anno 1929

Raccontano le Cronache: «Nell’anno 1929 due Sorelle si sono recate da Don Orione (che era a Sanremo) e dopo essere state ben cordialmente accolte, don Orione leggendo nel loro cuore la grande pena che avevano per la sorte del loro Monastero disse loro: “Stiano tranquille che tutto andrà bene!”, e ripeté questo tre volte con tono ispirato… (le suore non avevano detto nulla della loro pena) ».

 

S. Ignazio da Laconi – anno 1929

Suor Maria Grazia della Madre Santa Chiara (Antioca Serra), morta il 20 Maggio 1968, fin da giovanissima era desiderosa di consacrarsi al Signore nella vita claustrale, ma era ostacolata da grave infermità: il morbo di POT.
Fu miracolosamente guarita per intercessione di San Ignazio da Laconi, non ancora canonizzato. Suor Maria Grazia entrò in Monastero all’età di 33 anni.

 

San Giovanni Paolo II – 21 settembre 1985

In Cattedrale, con tutti i Consacrati della Diocesi, la nostra Comunità, quasi al completo accoglie e ascolta il Papa. Due nostre Sorelle, Suor Pace e Suor Marianna hanno la gioia e il privilegio di baciargli la mano.

I fioretti

I “fioretti” delle nostre sorelle

Suor Maria Costanza Pem

«21 dicembre 1627 volava alle eterne ricompense suor Maria Costanza Pem, la quale al secolo fu congiunta in matrimonio con Ansaldo Hasti, col quale essendo vissuta alquanto tempo, ambedue, di comune consenso fecero divorzio pigliando esso il Sacro Ordine di Sacerdote et ella vestendosi l’habito della religione in questo nostro Monastero.»

Suor Maria Isabella Torres

«Morta il 27 gennaio 1649 è ricordata per la santità della vita condotta in Monastero e per l’eccezionalità della Sua chiamata alla vita religiosa. Figlia del nobile spagnolo Gasparre Torres, affidata dal Genitore alla Principessa Isabella di Piombino, rimase alla sua corte ammirata per le sue qualità naturali.
Stando quivi Suor Maria Isabella nella corte della detta Principessa aveva rivolto tutto l’animo alle ricreazioni e vanità mondane senza pensiero alcuno di farsi religiosa.
Passato un tempo occorse che un giovane gentiluomo della Principessa, invaghitosi di essa la domandò per moglie a detta Signora, la quale restò soddisfatta delle qualità del giovane.
Ottenuto prima il consenso del Padre di suor Isabella, rispose al giovane che saria compiaciuto e, pigliato l’appuntamento, che passato alquanto tempo si dovessero fare le nozze.
Hor mentre che Grazia consapevole di questo s’andava disponendo per il sposalizio terreno, Dio, Signore nostro, che voleva per sé questa creatura dispose le cose in altro modo. Mentre un giorno stava, Grazia, tutta attenta alle sue vanità adornandosi, perché si compiaceva assai delle belle vesti e dell’attillatura della testa avendo essa i capelli bellissimi. In quel punto fu prevenuta dalla grazia divina con una illustrazione di mente così chiara della fallacia delle vanità mondane, e si sentì ferire il cuore da così acuti stimoli di romperla all’hora col mondo, e dedicarsi al suo Creatore, che non fu possibile ce potesse resistere a così efficace chiamata, ma temeva gli incontri che si sarebbero opposti questa sua mutazione. Si senti mossa a far all’hora una generosa risoluzione e subito dato mano alle forbici e postasi innanzi allo specchio arditamente si tagliò i capelli che aveva intrecciati, e poste le dette trecce in un bacile d’argento le fece presentare alla Principessa, la quale rimase come stupita ed il giovane, che vi era presente chiarito dell’animo di Grazia, et fuori di speranza d’haverla per isposa.
Non mancò la Principessa di mostrare risentimento, che come legiera avesse di proprio moto fatto una così subita risoluzione, ma trovato che l’animo di Grazia era saldo et immobile nel suo proponimento la fece vestire d’habito fratesco con il scapolare, quasi come monaca e colle proprie mani le accomodò la testa con veli sottilissimi. Et essendo Grazia risoluta di monacarsi volse la Maestà Divina che havesse notizia di questo nostro Monastero di Cappuccine. Ricevuta dalla Madre Francesca Campo mutò il nome di Grazia in quello di Isabella.
»

Suor Francisca Adeodata da Genova

«Morta il 25 marzo 1620 si chiamava Petronilla ed era figlia di Giobatta Castiglione, illustre per natali e gloria delle armi.
Dall’infanzia dimostrò temperamento vivacissimo. Bimba di 5 anni inforca un cavallo e, via al galoppo. Sul ciglio d’un precipizio la mano paterna di Dio arresta il focoso destriero e l’imprudente cavallerizza!!
Con una brigata di piccoli amici si avventura sulle onde, in una fragile barchetta senza vele e senza nocchiere. Un venerabile vecchio apparso non si sa di dove, riprende gli scapatelli, particolarmente Petronilla! Fu San Pietro! Così ella sempre crede serbandogli tanta devozione.
Non aveva ancora il perfetto uso di ragione che diceva di voler essere religiosa dell’Ordine del Serafico Padre San Francesco nella più stretta religione che si trovasse!
»

Suor Angela Francesca

«Anno 1632. Non solo delle Madri più in vista era la testimonianza, anche le più umili facevano eco.
Pure la storia di queste sorelle “di fuora’, o “cercanti” ha il suo incanto assieme a quelle delle converse o “serviziali”.
Si tratta ancora di una Isabella, e spagnola, come quella ricordata, ma di estrazione ben diversa. Nel 1632 era stata accolta tra le sorelle esterne. Chi era? Se ne sapeva solo il nome, l’origine e la… storia. Era di Granada. “Avendo il Re Cattolico, racconta la cronaca, obbligato gli abitanti a lasciare la città nel termine di puoche hore”, la “piccola fanciulla” con altri era stata caricata su di una barca e depositata sopra uno scoglio.
Vista da un Capitano di mare, fu presa e condotta a Genova e data “in dono” al Signor Giovanni Francesco Vanasco, che la tenne non come “schiava”, ma quasi come propria figlia.
Dei suoi genitori lei ricordava solo i nomi: Francesco e Angela, nomi che le furono imposti nel Battesimo, amministratole sotto condizione.
»

Suor Clara Francesca Merello

«Il 3 maggio 1670 morì in età di anni 71 suor Clara Francesca Merello.
Di nobile famiglia ricevette al secolo una educazione pari al suo grado. Desiosa di santità si consacrò a Dio nel Monastero delle Cappuccine.
La delicatissima costituzione fisica mise in serio pericolo la sua vocazione…
Visse lunghe e penosissime infermità. 38 anni di letto dei quali 28 in assoluta immobilità. Per lei si narrano fioretti commoventi.
Ella soffriva di martorianti inappetenze e chiese … un uccello. Un cagnolino compiacente lo reca in bocca ad una sorella questuante… da qualche tempo mostrava desiderio di mangiare volentieri un fico fresco e disse più volte ad una sorella che in villa vi aveva dei fichi che mai gliene portava e la sorella se ne rideva e non ne faceva altro conto per non essere nemmeno la stagione dei fichi. Andò poi in villa e mentre raccoglieva la borragine sentì un ramo che le toccava la testa. Si alzò e vide che vi era un ramo di fico con tre fichi, uno maturo bellissimo e gli altri due non ancora maturati. Staccò la giovane sorella il ramo dell’albero e con grande allegrezza lo mandò a suor Chiara Francesca che … lo gustò!
Cosa invero meravigliosa sì per la bellezza del frutto e per non esservi appena le foglie sugli alberi. In quel giorno poi le monache desideravano di vedere l’albero e domandavano a quella sorella che glielo mostrasse. Ella additò loro il luogo dove appunto avevano la borragine. Vi andarono, ma non trovarono pianta veruna di fichi, nemmeno d’altra sorta nell’assegnato luogo. Sicchè può chiamarsi doppio miracolo operato dal Signore e Padre pietoso che consola i suoi servi come vuole.
Suor Chiara Francesca era abilissima nel ricamo e lavorò con maestria singolare un manto azzurro tempestato di stelle, et guarnito di tutte le figure che rappresentano quest’Alma Vergine Madre di Dio, come il cielo, sole, luna, palma, cedro, cipresso, rosa, oliva, torre, fonte, città et altri geroglifici. Tale magnifico manto è custodito nel nostro Monastero.
Dopo la morte di questa Sorella tutta la città commentava le sue virtù e meraviglie operate da Dio, raccontando cose che a noi non erano note e con grande istanza chiedevano del suo Abito e cose da lei usate, chi in propria persona, chi per amici, chi per mezzo di lettere. Ognuno con industria per ottenere il suo intento.
»

Suor Maria Giovanna e Suor Maria Margherita della Croce di Angers

«Anno 1689. Avvenimento straordinario è stata l’accoglienza di due Monache Cappuccine francesi “di stirpe regale e parenti del Re Cristianissimo”, che si trattennero per sei giorni. Provenivano da Lisbona, dove avevano contribuito alla fondazione del Monastero delle Cappuccine: Suor Maria Giovanna e Suor Maria Margherita della Croce di Angers. Alle consorelle di Genova esse apparvero come “due angioli”, non tanto alla modestia del volto, quanto per la “divota allegria del tratto e dolcissima loro conversazione”. Non vollero assaggiare nulla cosa cotta nel brodo, né vollero toccar carne; presero parte al capitolo della Comunità, nel quale si accusarono umilmente dei loro difetti e la più anziana, suor Giovanna, parlò, su invito della Badessa, raccomandando l’umiltà, l’osservanza e l’orazione. Erano arrivate la Domenica 18 Settembre e ripartirono per la Francia il sabato successivo.»

Suor Francesca Graziano

«Suor Francesca Graziano, morta il 19 novembre 1969 quando aveva 82 anni, costruendosi il Monastero di Via D. Chiodo, le capitò di vedere un muratore che per improvviso accidente cadeva da una impalcatura. La religiosa terrorizzata vedendolo precipitare invocò l’aiuto dall’alto. Il buon uomo raccontò, commosso e riconoscente d’aver avuto l’impressione di essere stato sostenuto da mani invisibili che dolcemente lo accompagnarono sino al suolo ove giunse incolume.»

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