Dai “Discorsi” di sant’Agostino
L’amore alle pecore e al pastore
Ecco il Signore che, apparendo di nuovo ai discepoli dopo la risurrezione, interroga l’apostolo Pietro e lo mette in condizione di confessare per tre volte il suo amore lui che per tre volte l’aveva rinnegato per timore. Cristo risuscitò nella carne, Pietro nello spirito, perché, mentre Cristo era morto soffrendo, Pietro era morto rinnegando. Cristo Signore è risuscitato, dai morti e nel suo amore egli, risuscita Pietro. Lo interrogò perché dichiarasse il suo amore e gli consegnò le sue pecore. Che cosa Pietro avrebbe potuto donare a Cristo per il fatto che amava Cristo? Se Cristo ti ama, il vantaggio è per te, non per Cristo; e se tu ami Cristo, il vantaggio è per te, non per Cristo. Ma volendo Cristo Signore far vedere dove gli uomini debbano dimostrare il loro amore per Cristo, si identificò con le sue pecorelle e lo fece capire con chiara evidenza. Mi ami? Sì, ti amo. Pasci le mie pecorelle (Io 21, 15-17). Così una volta, così una seconda, così una terza. Nient’altro lui rispose se non che l’amava; nient’altro il Signore gli chiede se non se lo ami; nient’altro alla sua risposta gli affidò se non le sue pecorelle. Amiamole e così amiamo Cristo. Cristo infatti, Dio da sempre, è nato come uomo nel tempo. Uomo da uomo, dagli uomini si fece vedere come uomo e, come Dio nell’uomo, operò molte meraviglie. Come uomo, subì dagli uomini molte sofferenze; come Dio nell’uomo, dopo la morte risuscitò. Come uomo si intrattenne con gli uomini sulla terra per quaranta giorni; come Dio nell’uomo davanti ai loro occhi salì al cielo e siede alla destra del Padre. Noi tutto questo lo crediamo, non lo vediamo. Abbiamo ordine di amare Cristo Signore, che non vediamo, e tutti esclamiamo dicendo: Io amo Cristo. Però se non ami il fratello che vedi, come puoi amare Dio che non vedi? (Io 4, 20). Amando le pecorelle fa’ vedere che hai amore per il pastore, perché proprio esse sono le membra del pastore. Affinché le pecorelle diventassero sue membra, lui stesso si è degnato di farsi pecorella; perché le pecorelle diventassero sue membra, come una pecora fu condotto al macello (Is 53, 7); perché le pecorelle diventassero sue membra, di lui fu detto: Ecco l’Agnello di Dio; ecco colui che toglie i peccati del mondo (Io 1, 29). Ma quanta fu la forza di quest’Agnello! Vuoi sapere quale fu la forza che si manifestò in quest’Agnello? L’Agnello fu crocifisso, ma restò vinto il leone. Guardate, considerate con quale potenza Cristo Signore regge il mondo, lui che con la sua morte ha vinto il diavolo!
Amiamolo dunque e nulla ci sia piú a cuore di lui. Non vi pare che il Signore interroghi anche noi? Solo Pietro meritò di essere interrogato, e noi no? Quando si fa quella lettuta, nel suo cuore viene interrogato ogni cristiano. Quando perciò senti il Signore che dice: Pietro, mi ami? considera quelle parole come uno specchio e guardatici dentro. Pietro infatti che cosa rappresentava, se non la figura di tutta la Chiesa? E allora quando il Signore interrogava la Pietro, interrogava noi, interrogava la Chiesa.
Tutti amiamo Cristo, tutti siamo sue membra e, quando egli affida ai pastori le sue pecorelle, tutto il gran numero dei pastori si riconduce al corpo dell’unico pastore. […] L’amore dunque di quel Cristo che noi amiamo in voi, l’amore di quel Cristo che anche voi amate in noi, tra le prove, tra le fatiche, tra i sudori, tra le sollecitudini, tra le miserie, tra i gemiti, ci condurrà là dove piú non sarà fatica alcuna, alcuna miseria, alcun gemito, alcun sospiro, alcuna molestia; dove nessuno nasce, nessuno muore, nessuno ha paura dell’ira di un potente perché si aderisce al volto dell’Onnipotente.
Tratto da: https://www.augustinus.it